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Winglets 50 anni dopo, tra riduzione di costi e principi aerodinamici

In questo articolo

I dispositivi applicati all’estremità delle ali consentono una riduzione del drag, quindi del consumo di carburante soprattutto su lunghe tratte (oltre l’ora di volo). Un’analisi dei principi aerodinamici e delle evoluzioni più recenti

Lo scorso gennaio, Ryanair ha concluso la prima installazione in kit – distribuito da Aviation Partners Boeing – delle Blended split scimitair winglets. Il particolare di non poco conto è l’aver installato tali winglets su un aeromobile di 16 anni d’età, il Boeing 737-8AS. Ryanair ha stimato un rientro dei costi di trasformazione in 2 anni di operatività. L’evoluzione della configurazione aerodinamica, per i costi relativi dell’adeguamento condotto durante un periodo di manutenzione ordinaria, anticipa una permanenza in servizio ancora decisamente lunga.

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Winglets, una storia lunga mezzo secolo

La storia degli studi e le evoluzioni tecniche intorno alle winglets compie 50 anni, da quando cioè vennero avviate le prime ricerche su come ridurre il drag (resistenza aerodinamica) indotto di una superficie alare.

Correva l’anno 1973 ed erano anni di crisi petrolifera. Anni in cui si iniziò a pensare ai consumi (anche degli aerei). Dennis Washington non era contento della portata del suo Gulfstream. Per risolvere il problema, con il suo amico Joe Clark e un ingegnere Boeing in pensione di nome Bernie Gratzer, svilupparono un’ala chiamata Blended Winglet, fondando la società Aviation Partners. Che brevetta le famose “alette” nel 1994. E che, nel 1997, venne contattata dal presidente di Boeing Business Jets (BBJ) Borge Boeskove. Proprio un Boeing 737-800 fornito dall’ormai defunta compagnia aerea tedesca Hapag-Lloyd fu usato nel 1998 per testare la novità aerodinamica. Che funzionò così bene che ha portato alla formazione di una joint venture tra API e Boeing, denominata Aviation Partners Boeing (APB).

Un Airbus A310 il primo aereo di linea con le wingtip fences

Il primo aereo di linea a uscire dalla fabbrica con le alette è stato però l’Airbus A310, chiamate dal costruttore europeo wingtip fences.  Ma fu il Boeing 747-400 nel 1988 a presentare le prime blended winglets su cui sono state sviluppate quelle odierne. Come quella dell’A350, il “rivale” del B787, un’appendice naturale delle ali dell’aeromobile a lungo raggio del costruttore europeo.

Meglio delle winglets c’è… un’ala progettata in maniera diversa

Quella che può sembrare la soluzione assoluta per abbattere i costi legati al consumo di combustibile, quindi rendere gli aerei più efficienti e dai costi di esercizio inferiori per le compagnie aeree non è in realtà la sola.

Sono i principi aerodinamici legati al volo a dirlo. La dimostrazione? Lo sviluppo seguito da Boeing sul 787 Dreamliner, privo di winglets alle estremità delle ali, eppure con una riduzione del drag indotto del 5,5% contro un valore tra il 3,5 e il 4,5% delle configurazioni ottimizzate di winglet “convenzionale”.
Secondo Boeing, le ali curve del 787 “si regolano automaticamente verso l’alto e verso il basso per ottimizzare continuamente il camber per la massima efficienza”.

I vantaggi sui costi ridotti e i “contro”I pro e contro dell’adeguamento delle ali degli aerei con l’installazione delle differenti specifiche di winglets comprendono un miglioramento al decollo del gradiente di ascesa, la ridotta spinta necessaria a velocità di crociera (quindi minori costi legati al combustibile e minor rumorosità in cabina); ancora, l’adozione delle ali con winglets consente di salire più rapidamente di quota e richiede una spinta inferiore dai motori in fase di decollo.Tutti fattori classificabili tra i “pro” per le compagnie aeree (e per i passeggeri, in termini di rumore prodotto dalle turbolenze).

Esistono anche aspetti negativi, dei “contro” da ammortizzare. Anzitutto, il peso supplementare caricato sulle ali, quantificabile tra i 170 e i 235 kg di strutture di irrigidimento extra necessarie; il costo delle winglets, inoltre, è di circa 725 mila dollari, più 80 mila dollari necessari alla loro installazione.

Va detto, poi, che tanto più lunghe sono le tratte operate tanto più effettivi diventano i benefici per la compagnia aerea dalla riduzione del drag indotto e, quindi, dai minori consumi di carburante a fronte di un peso superiore dell’aeromobile.

I principi aerodinamici di base

Ma come funzionano, esattamente, le winglets e perché è possibile ottenere benefici in termini di drag indotto (resistenza aerodinamica) anche in loro assenza? Quel che può apparire come un complesso insieme di fattori può essere semplificato nei suoi termini.

Un’ala che si muove in un fluido (l’aria nello specifico degli aerei), per il suo disegno ottimizzato genera una portanza (lift) grazie alla quale è possibile il contrasto di un’altra forza, di segno opposto, che è il peso dell’aeromobile.

Il movimento in avanti dell’aereo è prodotto dalla spinta dei motori (thrust), mentre il drag, la resistenza aerodinamica, agisce da “freno” a questa spinta, per la creazione di turbolenze dietro le ali e a molti metri di distanza.

Come avviene la riduzione del lift induced drag

Gli studi aerodinamici sul profilo delle ali, avviati nel 1973 ed evoluti fino a oggi, orientati alla riduzione del drag indotto, hanno portato allo sviluppo di differenti versioni di winglets.

Il loro compito essenziale è quello di ridurre il drag indotto, ovvero, le turbolenze generate dall’interazione dell’aria che investe l’ala, producendo nella porzione superiore della stessa un flusso accelerato (quindi di bassa pressione) e rivolto verso il basso, dove interagisce con un flusso d’aria prodotto nella parte inferiore dell’ala e caratterizzato da alta pressione (bassa velocità) che produce portanza (lift). Quest’interazione tra aria a pressioni molto diverse tra loro innesca turbolenze circolari che dalla porzione più ampia dell’ala – nel punto di attacco alla fusoliera – procedono verso la punta estrema dell’ala e verso l’esterno, producendo effetti negativi sul drag indotto (sorvoliamo sui particolari tecnici dell’energia prodotta da tale processo).

In assenza delle winglets, queste turbolenze generano una maggiore quantità di drag indotto, che può essere considerato come un “freno” all’avanzamento dell’aereo nel “fluido” che è l’aria.

Le winglets, nel disegno ottimizzato delle Blended winglets e, ancor di più con le Blended split scimitair, riducono la resistenza aerodinamica indotta non perché questa sia prodotta esclusivamente dalla forma dell’estremità dell’ala, bensì come risultante della portanza.

L’affinamento del design, blended nella curvatura tra ala e winglet, è frutto di uno studio sulle sollecitazioni maggiori (quindi necessità di irrigidimento e peso extra dell’ala) imposte alla struttura dell’ala in sé e dal dover evitare la creazione di altre turbolenze nel punto di raccordo angolato tra ala e winglet.

Le winglets e l’apertura alare

Il principio sostanziale che le winglets (blended e split scimitair) permettono di sfruttare è quello di un incremento virtuale dell’apertura alare. Ed nelle aperture alari molto ampie che gli studi aerodinamici registrarono una diminuzione del drag indotto, per un trasferimento su una superficie più ampia delle turbolenze prodotte dall’interazione dell’aria che corre nella porzione superiore del profilo con l’aria a minor velocità e alta pressione che produce la portanza.

Ampiezza alare, orientamento angolato e possibilità di adottare geometrie variabili sono principi applicati alla progettazione del Boeing 787 Dreamliner, in grado di far meglio in termini di drag indotto rispetto a velivoli dotati di winglets. Ampiezza alare che diventa, però, un costo per le compagnie aeree, in termini di tasse pagate agli scali, le Gate fee. Da qui il bisogno di ridurre l’ampiezza alare fissa (installando le winglets) o adottando winglets ad assetto variabile, come sui 777x.

 

Esempi di risparmi su due tra i modelli di punta di Airbus e Boeing

  • Gli Airbus A320-1 hanno un miglioramento medio del 4,8% nel consumo di carburante, ma registrano l’oscillazione più ampia in base alle rotte e ai singoli aeromobili, registrando un miglioramento compreso tra lo 0,2% e il 10,75%.
  • In media, i Boeing 737-800 beneficiano maggiormente delle winglets. Hanno un aumento medio dell’efficienza del 6,69%, ma a seconda del percorso hanno una distribuzione del risparmio di carburante che va dal 4,6% al 10,5%.

Le Spiroid winglets

Aviation Partners ha proposto anche un nuovo tipo di winglet, la Spiroid, progettata con una leggera variazione di corda nell’area di transizione in cui l’ala si unisce all’ala. Ciò consente un carico aerodinamico ottimale ed evita le concentrazioni di vortici che producono resistenza. “Sviluppiamo costantemente nuovi modi per migliorare l’efficienza aerodinamica dei futuri velivoli. Le nostre Spiroid Winglet, che sembrano un anello di nastro rigido su ciascuna estremità dell’ala, sono state originariamente testate su il Gulfstream II nel 1993 e perfezionato per ulteriori test proof-of-concept sul Falcon 50 nel 2010. Attualmente stiamo studiando possibili applicazioni future per la tecnologia Spiroid Winglet su diversi aeromobili commerciali” fanno sapere dalla società.

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