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Tragedia ferroviaria di Pioltello: assolti RFI e sette dirigenti, condannato un solo manager

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La tragedia che ha scosso l'Italia: chi è davvero responsabile?

Il 25 gennaio 2018, alle 6:56 del mattino, il treno regionale 10452 Cremona-Milano Porta Garibaldi, con a bordo 350 pendolari, deragliò poco dopo la stazione di Pioltello, provocando la morte di tre donne—Ida Milanesi, Giuseppina Pirri e Pierangela Tadini—e il ferimento di altre 100 persone. I danni superarono i 6 milioni di euro. Dopo anni di processi, la V sezione del Tribunale di Milano ha emesso una sentenza che ha lasciato molti a bocca aperta: Rete Ferroviaria Italiana (RFI) e sette dei suoi dirigenti sono stati assolti, mentre un solo manager è stato condannato.

La sentenza: chi è stato assolto e chi no

Le giudici Elisabetta Canevini, Alessandra Mannino e Vincenza Papagno hanno deciso di assolvere RFI e sette dei suoi dirigenti, in parte perché “il fatto non sussiste” e in parte per “non aver commesso il fatto“. L’unico condannato è Marco Albanesi, che all’epoca guidava l’Unità manutentiva di Brescia, e che dovrà scontare una pena di 5 anni e 3 mesi.

Tra gli assolti figurano nomi di spicco come Vincenzo Macello, allora responsabile della Direzione Territoriale Produzione (DTP) di RFI, per il quale i pubblici ministeri Maura Ripamonti e Leonardo Lesti avevano richiesto una condanna a 7 anni e 10 mesi. Assolti anche Andrea Guerini, a capo delle Linee Sud della DTP di Milano, e l’ex amministratore delegato di RFI, Maurizio Gentile, per i quali erano state richieste pene rispettivamente di 6 anni e 10 mesi e 4 anni e 4 mesi.

La società RFI stessa è stata assolta, nonostante la Procura avesse richiesto una sanzione di 900.000 euro in base alla legge 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti. Anche altri dirigenti, come Moreno Bucciantini, Ivo Rebai e Marco Gallini, sono stati assolti, in alcuni casi su richiesta degli stessi pubblici ministeri.

Le accuse: manutenzione carente e sicurezza trascurata

Secondo l’accusa, l’incidente è stato il risultato di una serie di omissioni nella manutenzione e nella sicurezza, tutte riconducibili all’interesse di RFI. Si sosteneva che la manutenzione necessaria su quella tratta avrebbe comportato tempi di indisponibilità dell’infrastruttura incompatibili con gli obiettivi aziendali. In altre parole, per non interrompere il servizio e mantenere gli standard aziendali, si sarebbe trascurata la sicurezza dei passeggeri.

La difesa: responsabilità degli operai manutentori

Dall’altra parte, la difesa ha sostenuto che la colpa fosse da attribuire agli operai manutentori, i quali avevano il potere di intervenire e chiedere la sospensione della circolazione. Secondo i legali dei dirigenti, questi operai conoscevano bene le procedure di sicurezza, ma per varie ragioni se ne discostarono. I dirigenti imputati, sempre secondo la difesa, erano vittime di una responsabilità oggettiva, senza che a loro potessero essere attribuite condotte soggettivamente rimproverabili all’interno di una struttura complessa e ripartita in deleghe e competenze.

I risarcimenti: chi pagherà per le vittime?

L’unico condannato, Marco Albanesi, dovrà rispondere, in solido con RFI nella veste di responsabile civile, dei risarcimenti per 25.000 euro a testa ai 45 passeggeri feriti che si sono costituiti parte civile nel processo. Questo è in contrasto con coloro che, negli anni, avevano accettato i ristori già proposti dalla società. Anche la CGIL, costituitasi parte civile, ha ottenuto un risarcimento di 50.000 euro.

Un caso che fa discutere

Questa sentenza ha sollevato numerose polemiche e discussioni sull’efficacia del sistema giudiziario italiano e sulla responsabilità delle grandi aziende nei confronti della sicurezza pubblica. Mentre alcune famiglie delle vittime esprimono delusione per le assoluzioni, altre trovano un minimo di conforto nella condanna di Albanesi. Resta da vedere se la Procura deciderà di impugnare la sentenza e quali saranno le eventuali ripercussioni future per RFI e i suoi dirigenti.

In un contesto più ampio, questo caso richiama alla mente altri incidenti ferroviari in Europa, come quello di Angrois in Spagna, dove la responsabilità è stata oggetto di dibattito tra il macchinista e i dirigenti delle ferrovie. La ricerca di giustizia per le vittime e le loro famiglie continua a essere una questione centrale in questi tragici eventi.

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