Keybox Milano

Le rivolte contro gli affitti brevi e le Keybox: chi le vieta e perché

In questo articolo

Nelle grandi città si moltiplicano i movimenti di protesta contro il fenomeno degli affitti brevi e il loro 'simbolo'
Firenze, Roma, Bologna, Milano: alzi la mano chi non ha visto comparire le “keybox” sulle inferriate, pali, lampioni, finestre, praticamente ovunque sia possibile attaccarli? Per i pochi che non lo sanno si tratta delle piccole scatole numeriche per l’accesso self-service agli appartamenti affittati per brevi periodi.
Questi dispositivi ormai simbolo di un turismo breve e intenso, che molti accusano di trasformare profondamente il tessuto sociale e immobiliare dei centri storici. Le critiche di chi teme una città ‘albergo’ e uno spopolamento dei centri storici stanno diventando una voce sempre più importante e in qualche realtà si stanno rapidamente organizzando.

La “Rivolta contro le Keybox”: proteste nelle grandi città

Da qualche tempo, i residenti delle grandi città italiane hanno deciso di dare visibilità alla loro protesta, coprendo le keybox con simboli e messaggi provocatori. A Firenze sono stati usati cerotti rossi con la scritta “salviamo Firenze x viverci“, a Roma cappelli verdi stile Robin Hood con il motto “sabotiamo il Giubileo dei ricchi“.

Il movimento è presto arrivato anche a Bologna e Milano, dove slogan come “questa città non è un albergo” denunciano il malcontento per l’espansione degli affitti brevi.

Credit: La Repubblica – Roma

Firenze: il divieto delle keybox nell’area Unesco

Firenze ha deciso di prendere una posizione netta contro le keybox. Il Comune ha vietato il loro utilizzo nell’area Unesco, citando motivi di “decoro e sicurezza”. Questo divieto, che dovrebbe entrare in vigore nel 2025, è solo una delle iniziative che l’amministrazione sta adottando per arginare gli effetti negativi dell’overtourism. La sindaca Sara Funaro ha spiegato: “Basta fare un giro per il centro storico per rendere conto della quantità di keybox presenti sui palazzi storici”.

La misura, prima dell’attuazione, richiederà una modifica al regolamento Unesco e l’approvazione della Regione Toscana e della Soprintendenza.

Credit: L’Indipendente

Le keybox a Parigi, New York e nelle altre città italiane

Il fenomeno delle keybox e degli affitti brevi non è esclusivamente italiano. In Francia a Parigi, Nizza, Lille e altre città hanno vietato l’uso delle keybox. A New York l’uso è soggetto a multe salatissime, a Venezia la Soprintendenza ha chiesto la messa al bando.

Secondo Michele Albiani, presidente della commissione Sicurezza e coesione sociale e consigliere comunale del Partito Democratico, l’uso sregolato delle keybox rovina l’estetica della città e , a cascata, contribuisce all’aumento dei prezzi degli affitti a lungo termine. Questo fenomeno spinge i residenti a lasciare Milano, minando il “diritto alla città”. Il consigliere ha proposto una mozione per la rimozione coatta delle keybox a Milano. La proposta, che sembra aver trovato consenso nell’assemblea e nella giunta meneghina, è stata integrata nel nuovo Regolamento di civica convivenza e polizia urbana.

L’Impatto degli affitti brevi sulle città italiane

In Italia, il fenomeno degli affitti brevi,  cioè inferiori ai 30 giorni, riguarda oltre 600 mila abitazioni, secondo i dati forniti dall’AIGAB -Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi. Questo tipo di affitto, che nel 96% dei casi è gestito da proprietari singoli e nel restante 4% da gestori professionali, rappresenta una fonte di reddito importante, con una rendita media di 17 mila euro l’anno -dato 2023.

Ma gli albergatori e i residenti dei centri storici vedono il fenomeno come uno dei principali responsabili dell’overtourism, della gentrificazione e dello spopolamento dei quartieri, con l’aumento dei canoni d’affitto che spesso esclude i residenti e gli studenti dal mercato immobiliare locale.

Di parere diametralmente opposto Marco Celani, Presidente dell’AIGAB:

“È un dato di fatto che grazie alla presenza di viaggiatori che diventano cittadini temporanei, gli affitti brevi contribuiscano al ripopolamento dei centri storici delle città italiane, il cui spopolamento, come i dati raccontano, è iniziato ben prima dell’arrivo in Italia delle grandi piattaforme di prenotazioni online, ed è dovuto ad una serie di fattori che dovrebbero essere presi in carico dalle amministrazioni comunali nella loro complessità”.

Approfondisci: Affitti brevi e CIN, a che punto siamo? Intervista a Marco Celani, Pres. di AIGAB

Il Codice Identificativo Nazionale e la tassazione degli affitti brevi

Il Ministero del Turismo ha recentemente istituito un codice identificativo nazionale (Cin) per le strutture ricettive, anche allo scopo di combattere l’evasione fiscale e monitorare il mercato degli affitti brevi. Al momento, sono stati emessi oltre 325.000 Cin, ovvero il 58% delle strutture registrate. Per i proprietari che possiedono più di un immobile, la tassazione degli affitti brevi vendita dal 21% al 26%, una misura pensata per incentivare l’affitto a lungo termine. Anche il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, ha richiesto una regolamentazione nazionale che permetta ai sindaci di avere un controllo locale sul fenomeno, ritenendo che una legge quadro possa aiutare a proteggere il mercato immobiliare e turistico nelle aree più vulnerabili.

Leggi Anche: Affitti brevi, dal 1° gennaio arriva l’obbligo del CIN

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