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I viaggi d’affari sono inclusivi? Ne abbiamo parlato al Pink Motor Day 2025

In questo articolo

I viaggi d'affari sono 'abbastanza' inclusivi ma c'è ancora molto da fare, lo hanno raccontato esperti del settore nell'evento di Sumo Publishing giunto alla quarta edizione

Si è conclusa ieri la quarta, partecipata, edizione di Pink Motor Day. Partecipata non solo perché i posti a sedere erano tutti occupati, ma soprattutto perché per oltre due ore e mezza non è volata una mosca. Se i relatori sono Nico Acampora, fondatore di PizzAut, Daniele Cassoli, pluripremiato campione paralimpico di sci nautico cieco e Ilaria Galbusera, capitana della nazionale italiana di pallavolo sorde, con i loro racconti toccanti, divertenti, mai banali.

La scelta di fare un evento modello TED X, senza palco, sedute e tavole rotonde, elimina già delle barriere, se poi gli interventi sono risultati tutti, nessuno escluso, efficaci, chiari e diretti, tutti i presenti non hanno pensato di aver partecipato a un ‘evento B2B’ ma a un confronto sincero, su tematiche che alla fine toccano tutti.

E rispetto ai viaggi d’affari, come siamo messi? Sono davvero inclusivi?

“Nì” è la risposta convinta di Roberta Billè, Presidente GBTA Italy.Viaggiare per tutti la risposta è nì purtroppo, nì perché ci sono tutta una serie di bias in questo momento e la politica non ci aiuta, per cui spesso anche in tante filiali estere delle multinazionali la pagina della D&I sta scomparendo. E per questo che preferisco passare da inclusività a unicità.”

Secondo la Billè è fondamentale parlare di “unicità” perché ogni individuo ha delle caratteristiche che possono essere visibili, non visibili, ma sulla base delle quali il viaggio deve essere adattato.  Per i travel manager è fondamentale tenere conto di tutte queste caratteristiche quando dobbiamo affrontare una trasferta:

“Una trasferta di lavoro, è una trasferta dove la persona deve svolgere il suo lavoro, ma deve anche essere messa in condizioni di poterlo fare nel miglior modo possibile. In questo momento non sta succedendo, non sta succedendo perché c’è un retaggio vecchio, c’è una mentalità ancora un pò antica. Questo ovviamente non lo possiamo fare da soli, è necessario che ci sia il supporto di tutte gli attori del settore, dalle compagnie aeree al trasporto ferroviario, dal noleggio all’hospitality”.

Inclusività nell’accoglienza

Nessun settore è più adatto a raccontare l’inclusività di quello dell’hospitality” ne è certa Sara Digiesi, Chief Executive Officer BWH Hotels Italia & Malta. “Quello che offriamo nelle nostre strutture è un’accoglienza reale, aperta a tutti, che si declina ogni volta rispetto a quelle che sono le esigenze dei nostri clienti“.

Per la Digiesi le persone che viaggiano, nella valigia portano tutta la loro vita, le loro scelte alimentari etiche o religiose, le difficoltà del momento, lo stress di non essere a casa, quindi è compito della struttura porgere un servizio adeguate, attento e rispettoso. Ma come si ottengono questi risultati?

Sicuramente il modo in cui le persone imparano a essere accoglienti è dato dall’esempio. Il punto di partenza è l’azienda stessa, se non è accogliente rispetto alle diversità del suo interno, difficilmente potrà ottenere che il personale lo sia con i propri ospiti“.

Tante le iniziative, oltre alle certificazioni sulla parità di genere, messe in capo dalla catena alberghiera, come programmi di formazione specifici per l’accoglienza di persone con mobilità limitata o disturbi nell’ambito dello spettro dell’autismo, solo per citarne alcuni.

Predisponiamo delle brochure che sono scritte con i segnali della comunicazione aumentata che raccontano quali sono gli spazi dell’albergo dove c’è più luce o meno luce, gli spazi più rumorosi, i tavoli che sono più tranquilli, dove si sente meno la musica, dove c’è meno passaggio di traffico. Se c’è una bussola che gira, che magari può creare delle difficoltà o disorientamenti, lo segnaliamo. Le ‘famiglie caregiver’, che accompagnano anche gli stessi ospiti con queste difficoltà, utilizzano questi strumenti con piacere“.

D&Y nel trasporto ferroviario

Tutto quello che è inerente al trasporto deve per ovvi motivi fare i conti con i temi dell’inclusione, tanto più se, come spiega Mattia, Referente Politiche Sociali e Diversity and Inclusion – Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane: “E’ chiaro che quando si tratta di acquistare asset, di costruire stazioni, si tratta di qualcosa che durerà per 60 al 100 anni, quindi è importante lavorare in un’ottica di design ‘for all“. Per questo il Gruppo FS ha lavorato a stretto contatto con le principali associazioni di persone con disabilità.

“Abbiamo fatto uno studio per approfondire le tipologie di disabilità più diffuse, che sono appunto quella motoria, la disabilità visiva, auditiva, cognitiva, e ciascuna di queste, possiamo definirle categorie, quando sale a bordo treno, o quando entra in una nostra stazione, o quando prende i nostri autobus, presenta delle esigenze specifiche, quindi è importante essere capaci prima di acquistare un treno o di acquistare un autobus di quest’ultima stazione, di progettare questi treni, questi asset, perché rispondano a quelle esigenze”.

In questo senso una delle iniziative più interessanti del Gruppo è quella che è stata lanciata lo scorso anno. Si tratta di un progetto pilota di video interpretariato in lingua italiana dei segni presente in sei tra le più grandi stazioni, come Milano, Roma, Firenze, Bologna, Venezia. In queste stazioni le persone possono rivolgersi in biglietteria e desk e chiedere l’attivazione live del video interpretariato attraverso i tablet. Avranno a disposizione in collegamento una persona, quindi, che parla la lingua dei segni e li mette in contatto con il personale che è stato formato ad alcuni semplici gesti per una prima accoglienza.

Questo è un progetto che  ha portato la scorsa settimana il Gruppo a entrare nella top ten delle aziende più inclusive in Italia, secondo il Diversity Brand Index. Man mano sarà esteso a tutte le altre stazioni.

Inoltre sono molto contento di dire che se nella media della popolazione aziendale le donne sono il 20%, nel personale di front line di Trenitalia sono quasi il 50%. Certo, ci sono ruoli come per esempio la figura del macchinista dove non sono molto rappresentate, ma ci stiamo lavorando“.

Il lavoro magari dovrebbe essere esteso anche alla rappresentanza nei ruoli apicali, considerando che sui recentissimi 12 nuovi incarichi all’interno delle società controllate del Gruppo tra presidenti e amministratori delegati ci sono solo due donne. Quando il Gender ed Equality Plan del Gruppo si pone obiettivo dichiarato è il 36,4% di donne nel management.

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