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Cieli italiani: il boom del trasporto aereo fa bene agli aeroporti. Ma non ai piccoli

14/11/2024

In questo articolo

Sono 41 gli scali aperti al traffico commerciale in Italia. Ma il 10 maggiori fanno l'80% del traffico. E i 18 minori fanno fatica a sopravvivere. I nostri commenti al recente Dataroom di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera

Italia terra di campanili, stadi, Fiere e…aeroporti. Come ha ricordato anche Milena Gabanelli nella sua Dataroom sul Corriere della Sera, in Italia vi sono ben 41 scali commerciali gestiti da una trentina di società diverse, che nella maggioranza dei casi rappresentano un mix di pubblico e privato.

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Il boom del trasporto aereo fa bene agli aeroporti: ma il traffico è molto concentrato

Il traffico, però, si concentra in pochi scali: se si prendono in considerazione i primi 9 mesi dell’anno i primi 10 scali italiani sfiorano l’80% del traffico totale (37,6 milioni a Roma Fiumicino, 21,7 a Milano-Malpensa, 13,4 a Bergamo, 10,2 a Napoli, 9,5 a Catania, 8,9 a Venezia, 8,3 a Bologna, 8 a Milano Linate, 6,9 a Palermo e 5,5 a Bari), percentuale che sale all’87,5% se si prendono i dati dei primi 15 aeroporti (Pisa a 4,3, Cagliari a 4,1, Torino a 3,5, Olbia a 3,4 e Verona a 2,9 milioni di passeggeri). Dati questi che comportano anche una concentrazione dei ricavi, con i piccoli scali che lamentano gestioni in perdite.

Cieli italiani: il settore aereo fa far soldi agli aeroporti, ma non ai piccoli

La Gabanelli nel suo dataroom cita il report commissionato da Aci Europe e Assaeroporti e trasmesso a settembre 2024 alla Commissione europea, che evidenzia come ci sia una relazione tra la dimensioni degli aeroporti e la capacità di produrre margini: fino a un minimo di un milione di passeggeri gli scali riescono ancora a produrre profitti, sotto è praticamente impossibile. E spesso, quindi, per “avere” un proprio aeroporto lo Stato e, soprattutto, gli Enti locali continuano a sborsare quattrini. In perdita.

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Il “terminal” dell’aeroporto di Tortolì – Arbatax nella foto pubblicata sulla pagina dello scalo di Wikipedia a opera di Zuffe – Opera propria, Pubblico dominio

 

 

A Nordest Save oltre al Marco Polo di Venezia, tempo fa ha reso Treviso uno scalo specializzato in low cost, con Ryanair in particolare, (da 2,3 milioni di pax nel 2024) e oggi controlla anche Verona Villafranca (2,9 milioni di pax) e Brescia Montichiari (7.200 passeggeri, ma scalo eminentemente cargo).

 

 

venezia-aeroporto

18 piccoli indiani

La Gabanelli poi nel suo Dataroom fa commentare al professor Ugo Arrigo del Centro di ricerca di economia industriale e pubblica dell’Università Bicocca la situazione dei 18 aeroporti italiani sotto il milione di passeggeri: 8 di questi non fanno sistema, con un pericolo di scarsa tenuta finanziaria, sulla base dei bilanci degli ultimi dieci anni. E annovera gli scali di Trieste, Pescara, Perugia e Rimini, quest’ultimo addirittura fallito nel 2013 malgrado l’appeal turistico della costiera e quello business delle aziende della zona, nonché della presenza di una importante fiera e un Centro Convention in città, ed ora in fase di rilancio. E poi Trapani, che fino al 2022 perdeva 2,3 milioni di euro con 890mila passeggeri, ma che nel 2023 ha portato i viaggiatori a quota 1,3 milioni tornando così in utile, anche se a settembre di quest’anno è tornato agli 880 mila pax. Insomma per tutti questi una serie di montagne russe, con anni in perdita e anni in attivo. Magari “attirando” per la stagione qualche low cost importante…. Gli scali da bollino rosso sono invece Ancona, Forlì, Parma e Cuneo: tutti da mezzo milione di passeggeri in giù, e tutti stabilmente in perdita. Con alcuni – vedi ad esempio Ancone e Pescara – che si cercano di sfilare gli operatori uno con l’altro.

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Quel pasticciaccio brutto dello scalo di Parma

Si parla di campanilismi ma anche di un bacino di passeggeri – forse – inadeguato per uno scalo che quest’anno ha trasportato fino ad oggi poco più di 110 mila passeggeri. La Gabanelli del suo dataroom racconta che a volerlo siano stati i grandi industriali come i Barilla, i Pizzarotti (che tuttora detengono quote) e Calisto Tanzi. A gestirlo è Sogeap: società pubblico – con Comune, Provincia e Camera di commercio di Parma privata che difendono con i denti lo scalo cittadino. Nel 2006 la Regione Emilia Romagna – che all’epoca partecipa alla gestione di Bologna, Forlì e Rimini – propone a Sogeap di entrare con una quota per costruire una Rete Regionale che garantisca a tutti una fetta di mercato. La risposta dei soci fu “Un aeroporto e una città come Parma non possono fare accordi con Bologna, abbiamo già avviato trattative con Milano e Roma, ritenute più in linea con le nostre ambizioni”. Alla fine – racconta Gabanelli – non viene fatta alcuna alleanza e oggi, in un esposto presentato in procura a Parma dall’avvocato Veronica Dini, si analizzano 82 milioni di perdite degli ultimi 31 anni. A giugno 2024 le speranze di rilancio con l’arrivo della canadese Centerline Airport Partners che si prende il 51% di Sogeap e punta, come scrivemmo qui, a un “obiettivo di 700 mila passeggeri annui”. Ma c’è bisogno di un aumento di capitale al quale però Comune e Provincia non possono partecipare, perché la legge vieta agli enti pubblici di investire in società partecipate stabilmente in perdita.

Ma il campanilismo – siamo o non siamo il Pase dei Comuni, delle Signorie e dei Granducati? – impedisce di fare sistema. Come abbiamo visto sopra. E quindi? E non abbiamo parlato degli scali di Forlì (troppo vicino a Bologna?), Cuneo (troppo…lontano da tutto?) o di Grosseto (con Pisa lì vicino e Firenze, forse, in rilancio)….

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