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Aeroporti europei: chi comanda davvero? L’80% è in mani private

In questo articolo

Migliorare le infrastrutture è essenziale, ma servono regole chiare sulla concorrenza

Gli aeroporti europei hanno subito una trasformazione radicale: da enti pubblici si sono evoluti in realtà sempre più gestite da capitali privati. Questo ha portato a una modernizzazione delle strutture e a un incremento dell’efficienza, ma ha anche sollevato dubbi sulle conseguenze per passeggeri e compagnie aeree.

L’avanzata del capitale privato nei cieli europei

Oggi, l’80% degli aeroporti europei è controllato da aziende private o in partnership pubblico-private. Secondo Airports Council International (ACI), il 41% degli scali ha azionisti privati, il doppio rispetto al 2010, e il 39% è completamente privatizzato.

Olivier Jankovec, Direttore Generale di ACI Europe

Questo cambiamento è stato determinato dalla riduzione dei finanziamenti pubblici e dalla necessità di garantire la sostenibilità economica degli aeroporti regionali. “La privatizzazione ha migliorato servizi e connettività, ma è fondamentale garantire un mercato equo”, spiega Olivier Jankovec, Direttore Generale di ACI Europe.

Investimenti e costi nascosti

Oggigiorno, tre viaggiatori su quattro transitano attraverso aeroporti gestiti da privati. Il modello aziendale ha portato a una maggiore efficienza operativa, con terminal più moderni e servizi ottimizzati, ma anche a un aumento dei costi per compagnie aeree e passeggeri.
Molti investitori puntano a massimizzare i profitti, spesso a discapito della trasparenza tariffaria. Costi aeroportuali in crescita, tariffe poco chiare e una gestione delle rotte influenzata da logiche finanziarie sono alcuni degli elementi che hanno sollevato critiche da parte di compagnie e associazioni di consumatori.

Privatizzazione: le motivazioni dietro il cambiamento

L’aumento esponenziale del traffico aereo e l’affermazione delle compagnie low cost hanno reso le infrastrutture aeroportuali sempre più centrali nell’economia europea. Con risorse pubbliche limitate, molti Stati hanno deciso di attrarre capitali privati per sostenere l’espansione del settore.

I principali benefici della privatizzazione

  • Investimenti diretti per l’ammodernamento delle infrastrutture
  • Migliore gestione operativa e riduzione degli sprechi
  • Minore impatto sulle finanze pubbliche
  • Maggiore attrattività internazionale per le compagnie aeree

I dubbi principali riguardano invece il possibile monopolio dei grandi gruppi finanziari e la mancanza di trasparenza nella determinazione dei costi aeroportuali.

Gli scali strategici privatizzati in Europa

Alcuni degli aeroporti più rilevanti d’Europa sono oggi totalmente o parzialmente privatizzati:

  • Londra Gatwick: controllato da Gatwick Airport Limited, con azionisti come Abu Dhabi Investment Authority.
  • Roma Fiumicino: gestito da Mundys, holding con partecipazioni in infrastrutture globali.
  • Londra Heathrow: privatizzato negli anni ’80, con azionisti come Qatar Investment Authority.
  • Stoccolma Skavsta: scelto dalle low cost Ryanair e Wizz Air, con una gestione misto pubblico-privata.

Low cost e la concorrenza tra aeroporti

L’avanzata delle compagnie aeree low cost ha ridefinito la concorrenza aeroportuale. Scali secondari, come Skavsta, attraggono le compagnie grazie a tariffe aeroportuali ridotte, sottraendo traffico ai principali hub europei.
Molti aeroporti offrono incentivi economici per attrarre i vettori, una strategia che ha alterato gli equilibri di mercato, con il rischio di creare disparità e un incremento dei costi indiretti per i passeggeri.

Regolamentazione e nuove prospettive

Se da un lato la privatizzazione ha incentivato investimenti e innovazione, dall’altro è sempre più evidente la necessità di un controllo più efficace. Tariffe trasparenti, accesso equo agli slot aeroportuali e una maggiore tutela dei passeggeri sono priorità per garantire che il settore resti competitivo e accessibile. L’Unione Europea sta valutando nuove normative per bilanciare la presenza degli investitori privati con un quadro regolatorio più rigido, in modo da prevenire squilibri e garantire una concorrenza equa nel lungo periodo.

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