Gli aerei alimentati a idrogeno potrebbero solcare i cieli di tutta l’Europa già a partire dal 2035. Si deve però favorire la crescita di questo nuovo tipo di alimentazione, altrimenti i sogni di velivoli sostenibili e a zero emissioni potrebbero rimanere solamente una chimera.
Sono queste le conclusioni di Analysing the costs of hydrogen aircraft, il nuovo studio commissionato da Transport & Environment all’istituto di ricerca londinese Steer, su quelli che potrebbero essere i futuri sviluppi dell’impiego di H2 verde come carburante per aerei.
Questa ricerca ipotizza l’entrata in servizio di un aeromobile alimentato a idrogeno con un’autonomia di 2.000 miglia nautiche (3.700 km) entro 12 anni.
Ma perché l’analisi di T&E ha deciso di concentrarsi sul 2035 come data chiave di questa trasformazione? Perché negli scorsi mesi Airbus ha annunciato di voler sviluppare entro quell’anno tre velivoli destinati al trasporto passeggeri e alimentati proprio a idrogeno.
Una deadline che potrebbe essere rimandata di parecchi anni se la lenta ricerca di soluzioni alternative al cherosene come rifornimento per gli aeromobili non viene aiutata e “velocizzata” anche dalle istituzioni.
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Cambiamenti che necessitano di un aiuto
La ricerca di Transport & Environment e Steer ha fissato a 299 miliardi di euro la quantità di denaro necessaria per sviluppare e gestire adeguatamente la catena di valore dell’aviazione a idrogeno in Europa tra il 2025 e il 2050.
Nello specifico, l’83% di questa cifra verrebbe spesso nella produzione, distribuzione e liquefazione dell’H2. Il restante 17% verrebbe distribuito tra l’adeguamento delle infrastrutture aeroportuali (12%) e alla progettazione e costruzione dei velivoli di nuova generazione (5%).
Come ogni rivoluzione, questo rinnovamento “green” relativo al mondo dell’aviazione ha un prezzo da pagare, che in questo caso è molto alto: 299 miliardi di euro sono una cifra decisamente alta, anche per un mercato florido come quello dell’aviazione nel mondo.
“Nel 2035 – scrive nella ricerca T&E – l’impiego dell’idrogeno come carburante per aerei potrebbe costare l’8% in più rispetto al cherosene“.
Un divario di costi importante ma che potrebbe essere colmato grazie all’imposizione di una tassa sui carburanti fossili, che darebbe una spinta decisiva allo sviluppo e impiego di H2 per far volare gli aeromobili.
Con questa fuel-fee gli aerei a idrogeno i viaggi aerei intra-europei potrebbero costare il 2% in meno rispetto a quelli che attualmente sono attualmente compiuti utilizzando combustibili “standard”.
La necessità di questi dazi deriva dal fatto che l’idrogeno ha una densità energetica decisamente inferiore rispetto al cherosene. Questo significa che è necessario un volume maggiore di carburante per coprire la stessa distanza. Più carburante da produrre, maggiori costi da coprire: un’equazione semplicissima.
Ad ogni modo, un eventuale tassazione sui carburanti fossili, garantirebbe un ruolo da protagonista di aeromobili “green” come quelli sviluppati da Airbus, soprattutto nel processo di decarbonizzazione delle rotte regionali e a corto raggio, che rappresentano il 50% delle emissioni dell’aviazione europea.
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“Non esiste una bacchetta magica per decarbonizzare l’aviazione – ha commentato Matteo Mirolo, responsabile dell’aviazione sostenibile presso Transport & Environment – ma sicuramente i carburanti sostenibili (SAF), la riduzione della domanda e l’idrogeno svolgeranno tutti un ruolo. Affinché gli aerei a idrogeno decollino nel prossimo decennio, dobbiamo entrare nel circolo virtuoso della regolamentazione, degli investimenti e del calo dei prezzi, con a seguire una maggiore diffusione di queste nuove tecnologie sostenibili”.
Mirolo ha concluso sottolinenando come il costo di questo processo di decarbonizzazione “deve essere sostenuto dall’industria dell’aviazione e dai suoi utenti, destinando una parte dei proventi delle tasse sul carbonio e sul cherosene alla tecnologia verde, come gli aerei a emissioni zero e i carburanti sostenibili”.
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