L’imbarco in aereo è una routine che chi viaggia spesso conosce bene. Il messaggio al gate, la fila ordinata che si trasforma presto in un movimento incerto lungo il corridoio della cabina. Tutto sembra seguire un copione conosciuto, finché qualcuno – con gentilezza – non chiede: “Possiamo scambiarci di posto? Vorrei stare accanto a mia moglie”.
È un gesto frequente, quasi sempre dettato da buone intenzioni. Eppure, secondo uno studio dell’Università di Bath, anche un numero ridotto di cambi di posto può rallentare in modo significativo l’intero processo di imbarco, con conseguenze operative e fisiche che spesso restano invisibili ai passeggeri.
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La matematica dell’imprevisto
Il gruppo di ricerca coordinato da John Wood ha ricreato al computer centinaia di scenari di imbarco utilizzando modelli agent-based, simili a quelli impiegati nella logistica o nella simulazione di flussi urbani. In queste simulazioni, ogni passeggero viene considerato un’entità autonoma con un comportamento previsto: entra, cammina, trova il posto, sistema il bagaglio, si siede.
Quando tutti rispettano l’ordine previsto, il sistema funziona. Ma se anche solo il 6% dei passeggeri (circa 12 su 200) decide di cambiare posto, i tempi di imbarco aumentano del 60%. Se la quota sale al 20%, si arriva a un ritardo del 180%. In sostanza, un’operazione da dieci minuti può allungarsi fino a mezz’ora.
Il motivo è strutturale: ogni deviazione interrompe il flusso, costringe altri a fermarsi, risalire la cabina, cercare spazio per il bagaglio in zone non previste. Il corridoio, già stretto, diventa rapidamente un collo di bottiglia.
Una questione di fisica
Ma l’impatto dei cambi di posto non è solo organizzativo. C’è anche una dimensione fisica da considerare, che riguarda l’equilibrio dell’aereo. Ogni velivolo viene caricato e bilanciato tenendo conto della distribuzione prevista dei passeggeri a bordo. Il peso, infatti, non deve essere solo contenuto entro certi limiti, ma distribuito in modo uniforme tra la parte anteriore, centrale e posteriore dell’aeromobile.
In condizioni normali, piccoli spostamenti non compromettono la stabilità del volo. Ma se il numero dei cambi aumenta – o se molti passeggeri si concentrano in una stessa zona della cabina – può essere necessario per l’equipaggio intervenire manualmente per correggere l’equilibrio. Nei casi più estremi, si ricorre al riposizionamento dei passeggeri o alla zavorra nel vano cargo.
Non è un rischio per la sicurezza, ma è un’ulteriore complicazione operativa. E un altro motivo per cui le compagnie chiedono di restare al posto assegnato.
Una questione di efficienza (per tutti)
Le compagnie aeree studiano da anni metodi di imbarco più rapidi: dai gruppi numerati ai sistemi a file alternate, passando per l’accesso prioritario a chi ha solo il bagaglio a mano. Tutte queste strategie hanno un punto in comune: funzionano solo se i passeggeri collaborano.
Per i viaggiatori abituali, soprattutto per chi vola per lavoro, la puntualità dell’imbarco non è un dettaglio. Ritardi anche minimi possono significare coincidenze perse, appuntamenti mancati, meno tempo per prepararsi prima del volo. E più in generale, ogni rallentamento si traduce in minore efficienza operativa per la compagnia e maggiore stress per l’equipaggio.
Cosa si può fare e cosa evitare
Lo studio suggerisce alcune soluzioni semplici e già applicabili:
- Prenotare in anticipo i posti vicini, se si viaggia in coppia, tra colleghi o in famiglia
- Richiedere eventuali modifiche al banco del gate, prima di salire a bordo
- Evitare cambi di posto spontanei, che rallentano il flusso e creano disordine
Naturalmente, non si tratta di impedire ogni forma di flessibilità. Ma di trovare un equilibrio tra le esigenze personali e quelle collettive, all’interno di uno spazio – quello della cabina – che ha regole precise, anche se spesso invisibili.
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