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Trump pronto a un nuovo travel ban: Afghanistan e Pakistan a rischio divieto

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L’amministrazione statunitense prepara un’estensione del travel ban, bloccando l’ingresso da diversi Paesi. Tra questi potrebbero esserci Afghanistan e Pakistan, con conseguenze drammatiche per migliaia di persone in attesa di visto

L’amministrazione Trump sta lavorando a una nuova versione del controverso travel ban, il divieto d’ingresso negli Stati Uniti per cittadini di alcuni Paesi considerati a rischio per la sicurezza nazionale. Secondo fonti riportate dal New York Times e Reuters, il provvedimento, attualmente in fase di definizione, potrebbe colpire Afghanistan e Pakistan, ampliando la lista dei Paesi già soggetti a restrizioni.

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Le tre liste: rosso, arancione e giallo

Fonti interne all’amministrazione hanno rivelato che il nuovo travel ban si articolerebbe in tre liste di Paesi con livelli di restrizioni differenti:

Lista rossa: comprende gli Stati i cui cittadini vedrebbero l’ingresso negli Stati Uniti categoricamente vietato. Oltre ai Paesi già colpiti nel primo mandato di Trump (Iran, Libia, Corea del Nord, Somalia, Sudan, Siria, Venezuela e Yemen), potrebbero essere aggiunti Afghanistan e Pakistan.

Lista arancione: riguarda Paesi i cui cittadini non subirebbero un divieto totale, ma avrebbero accesso limitato, con concessioni di visti solo per specifici motivi, come affari o studio, e con durata ridotta. Non è chiaro se i visti già validi verrebbero revocati e se i titolari della carta verde sarebbero coinvolti.

Lista gialla: include Paesi a cui verrebbero concessi 60 giorni per colmare le lacune nei controlli di sicurezza evidenziate dagli Stati Uniti. In caso di inadempienza, sarebbero spostati nella lista rossa o arancione.

Un déjà vu legale?

Il travel ban originale di Trump, introdotto nel 2017, scatenò proteste globali e sfide legali prima di essere approvato dalla Corte Suprema nel 2018. Nel 2021, Joe Biden lo cancellò, definendolo “una macchia nella nostra coscienza nazionale“. Ora, il rischio di un nuovo divieto solleva polemiche e possibili battaglie giudiziarie.

Afghani traditi?

Uno degli aspetti più controversi del provvedimento riguarda gli afgani che hanno collaborato con le forze statunitensi e hanno ottenuto la Special Immigrant Visa (SIV) per rifugiarsi negli USA. Secondo Reuters, il Dipartimento di Stato starebbe cercando di ottenere un’esenzione per loro, ma le probabilità di successo sono basse.

Attualmente, circa 200.000 afgani si trovano ancora nel loro Paese, mentre 51.000 sono bloccati all’estero, di cui la metà in Pakistan, in attesa di un visto per gli Stati Uniti. L’inclusione di Afghanistan e Pakistan nel travel ban potrebbe precludere loro ogni possibilità di ingresso.

Sicurezza o discriminazione?

L’amministrazione Trump giustifica il provvedimento con la necessità di rafforzare la sicurezza nazionale e intensificare i controlli su ogni cittadino straniero che richieda un permesso per gli Stati Uniti.  Attivisti e critici denunciano il travel ban come una misura discriminatoria, che colpirebbe soprattutto i Paesi a maggioranza musulmana, con la ‘piccola’ conseguenza che potrebbe alimentare sentimenti xenofobi.

In parole povere, senza essere dei grandi analisti geopolitici, è chiaro che l’inclusione di Afghanistan e Pakistan potrebbe avere serie ripercussioni diplomatiche. Il Pakistan è stato un alleato strategico degli USA nella regione e il provvedimento potrebbe deteriorare -per usare un eufemismo- i rapporti bilaterali, compromettendo la cooperazione su questioni cruciali come la lotta al terrorismo.

Un nuovo capitolo di restrizioni

Con il suo ritorno alla Casa Bianca, Donald Trump sta riprendendo molte delle politiche migratorie del suo primo mandato. L’amministrazione ha già bloccato per 90 giorni le pratiche di ammissione dei rifugiati e gli aiuti finanziari per i loro voli, lasciando migliaia di persone in un limbo incerto.

Se il nuovo travel ban entrerà in vigore, il dibattito si accenderà nuovamente tra chi lo ritiene una misura necessaria per la sicurezza e chi lo considera un attacco ai diritti umani e alla diversità culturale.

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