Luca Finardi, GM Mandarin Oriental Parigi: perché ha ancora senso fare gavetta

In questo articolo

Una storia di successo che parte dal basso e arriva ai massimi livelli dell'hôtellerie

Questa intervista nasce da un post su Linkedin e da una serie di considerazioni.

Capita spesso di mettere post per segnalare  nomine particolarmente rilevanti nel mondo del travel. A volte le reazioni sono calde, a volte tiepide ma non è frequente arrivare a decine di migliaia di impression, centinaia di reaction e decine di commenti. E così ci siamo chiesti: chi è Luca Finardi? Si tratta di convenevoli per compiacere il neo ‘General Manager Mandarin Oriental, Paris e Area Vice President Operations per Italia, Francia e Repubblica Ceca’ o davvero chi ha avuto modo di lavorare con lui o anche solo di incrociarlo ha una così buona impressione?

Abbiamo deciso di incontrarlo.

Come è iniziata la sua avventura nel mondo alberghiero?

La mia storia è una di quelle “degli anni ’90”, quindi ho fatto la vera e propria gavetta. Vengo da una famiglia di albergatori, mia nonna aveva una piccola struttura di 36 stanze a Sestri Levante e ho fatto un pò il ragazzo di bottega. Poi ho dato una mano a mia madre nel suo ristorante a Firenze, mentre studiavo. I miei coetanei andavano a divertirsi e io imparavo un mestiere e lo dico senza nessun rimpianto. Da lì una lunga strada prima come portiere di albergo di notte, poi sono passato al ricevimento. Nel 1998 il grande salto: sono partito la mia ‘valigia di cartone’ a Londra per andare a lavorare all’Hilton. Due anni molto importanti per la mia formazione e ovviamente  per perfezionare l’inglese.

Nel 2000, di nuovo a Firenze, per l’apertura del Savoy di Rocco Forte Hotels  dove sono diventato front office manager. Nel 2005, a 31 anni,  sono General Manager di un 5 stelle in pieno centro, l’Helvetia & Bristol. Qui con molto lavoro e un pizzico di fortuna abbiamo raddoppiato il fatturato in 3 anni e sono diventato Direttore Generale di Villa San Michele all’epoca Orient Express, oggi Belmond che per me resta uno degli alberghi più belli al mondo.

E siccome la vita è strana e ti fa dei giri lunghi ma spesso alla fine ti dà quello che inizialmente ti aveva negato e a questo proposito mi piace ricordare che appena diplomato, nel ’92 avevo mandato il mio CV proprio a Villa San Michele e non ero stato preso. Quindi tornare con un ruolo da Direttore è stata una gran bella soddisfazione. Da lì sono stato 4 meravigliosi anni in Sicilia Sicilia per l’apertura dei due Belmond a Taormina, il Grand Hotel Timeo e il Villa Sant’Andrea e infine nel 2014 sono stato chiamato ad aprire il primo Mandarin Oriental in Italia. Dieci anni importantissimi che mi hanno infine portato qui a Parigi. Ho deciso di accettare perché è una città stupenda ma soprattutto perché è la più sfidante e a me le sfide piacciono.

Mandarin Oriental  Paris

Cosa consiglierebbe oggi a un ragazzo che volesse intraprendere lo stesso percorso?

Se si hanno le possibilità o magari attraverso una borsa di studio, consiglio certamente la frequentazione della scuola alberghiera. In Italia ce ne sono di validissime, ma se posso dire la mia, credo che sia sbagliato considerarli come degli istituti professionali. Sono dei veri e propri ‘licei dell’ospitalità’ dove si impara a dialogare con il mondo.

Detto questo, la nostra è un’industria meritocratica e io sono la dimostrazione che se sei curioso e hai voglia di imparare e sei disposto a fare dei sacrifici, si possono raggiungere le vette più alte.

Il suo job title è particolarmente lungo, ma ho letto che per lei contano le persone e non i titoli. Lo pensa ancora?

Assolutamente sì. Avendo lavato tanti, tanti piatti e portato tanti, tanti bagagli, ho sempre ben presente che una struttura alberghiera è composta essenzialmente di persone che hanno esigenze, pensieri e necessità diverse. Per questo motivo cerco sempre di lasciarmi almeno un quarto d’ora tra una call e l’altra per andare a parlare con tutti, dalla cameriera al piano al cuoco. Il confronto con i colleghi prima e poi con gli ospiti è fondamentale. Riescono a darti una visione a 360° che da solo, per quanto in gamba e performante, non riusciresti ad avere.

Mandarin Oriental Como

In cosa è diverso il suo Gruppo?

La più grande differenza è l’attitudine. Nei confronti degli ospiti e dei colleghi interagiamo sempre con grande umiltà, grazia ed entusiasmo. E’ il nostro marchio di fabbrica mettere il ‘fattore uomano’ al centro, con un sorriso che non è mai di facciata. E questo lo si respira appena si entra.

Siete una dei Gruppi con più ristoranti stellati, ma un recente studio sostiene che in Italia solo il 40% degli hotel dispone di un ristorante interno. Un dato sorprendente?

Dipende da che tipo di hotel si tratta e della sua ubicazione. Un albergo di alto livello deve avere almeno un bar e un ristorante dove poter offrire i capisaldi della nostra tradizione culinaria. E deve saperlo fare bene, non parlo necessariamente di locali gastronomici, ma comme il faut. Da questo punto di vista la mentalità è cambiata: quando ho iniziato mangiare in albergo era quasi inconcepibile, soprattutto per una certa clientela di alta fascia come il corporate. Adesso la situazione è rovesciata, gli alberghi offrono prodotti di altissima qualità, cucinati con tecniche ricercate. Per cui chi viaggia per affari, ma non solo, si ferma volentieri a mangiare nella struttura dove pernotterà.

Mandarin Oriental Milano

Molti operatori del settore sostengono che la fascia media è quasi sparita, che i clienti di dividono tra ‘alta spendibilità e low cost’. Lo pensa anche lei?

Dopo il Covid, nel 2022 abbiamo registrato una grande ripresa che è coincisa con un aumento dei prezzi. Questo ha sbilanciato alcune categorie di clienti. Per esempio il segmento business travel ha tagliato molti viaggi perché costa meno una call di un viaggio. Nel leisure invece abbiamo assistito al revenge travel che nei mercati occidentali ha portato a un aumento del 22, 23%. Per quanto riguarda la ‘fascia media’ non è sparita, la intercettano vari settori: dall’extralberghiero ai 3 e 2 stelle che sono sempre delle ottime strutture, come per esempio nella Riviera Romagnola o sul Lago di Garda.

E ora una piccola digressione personale: cosa ama fare nel tempo libero nella Ville Lumière?

Il nostro è un lavoro che prende moltissimo tempo, perché per capire come funzionano le cose è davvero imprescindibile stare in sede. Quando stacco ed esco per ‘resettare’ amo camminare senza meta, soprattutto in questo periodo. E’ una città facile da girare, ancora di più dopo i lavori che hanno fatto per le Olimpiadi. Detto questo sono un avido golfista e ho trovato un meraviglioso golf club fuori città.

E alla fine del breve incontro ho la risposta alla mia domanda iniziale, conoscere Luca Finardi è come una stretta di mano sincera che ricordi anche a distanza di tempo. Per quello cha vale ha guadagnato anche il mio like.

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